domenica 2 novembre 2008

Bandiere

Piaggiasecca non ha una bandiera perchè ne ha molte e, precisamente, quelle dei paesi dove sono stati, non per turismo ma per lavoro, i suoi pochi abitanti di oggi e quelli che idealmente ne formano la cittadinanza, pur non risiedendo in senso anagrafico in essa.
Alcuni, poi, sono stati ospiti a Piaggiasecca per periodi più o meno lunghi, pur non essendone cittadini, nè anagrafici né ideali.
E ce ne sono molte di lingue e di culture che sono transitate per Piaggiasecca ed hanno contribuito a formare quella umanità interiore che è la vera ricchezza del paese. Non perchè siano state studiate in qualche scuola, ma perchè sono state vissute in prima persona, ognuno cercando di capire i modi di fare dell'altro.
Sembra strano e inverosimile che un paese che conta 12 abitanti anagrafici possa far riferimento a 12 nazioni, compresa la nostra.
Tanto per andare in ordine alfabetico del paese la cui bandiera è rappresentata nell'immagine:
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Argentina: ci vive da un anno Leonardo, nipote di Emiliano Baiocco, che studia a Buenos Aires; in precedenza c'è stata una certa migrazione, alcuni non sono rimasti stabilmente lì.
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Belgio: ci ha lavorato e vissuto Emiliano Baiocco e la sua famiglia per 13 anni, a Marchienne-au-Pont, nei pressi di Charleroi; chi scrive ci è nato e vissuto fino a 8 anni frequentando la seconda elementare; ci ha lavorato per qualche anno anche Novello Scrollini e Settimio Bani.
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Costa d'Avorio: è il paese d'origine della collaboratrice familiare di Giuseppina Locci (in Baiocco).
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Francia: ci hanno lavorato per diversi anni sia Giuseppe Grassi che Silvio Malizia; ci andò dopo la guerra Filippo Grassi, a Thil nei pressi di Villerupt, e ora ci vive il figlio Pietrantonio Grassi e la sua famiglia; la moglie di chi scrive proviene da là (anche se i nonni sono originari delle Marche).
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Germania: Ci lavorò per qualche anno il padre di Natale Grassi.
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Giappone: è il paese di origine di Hisako Mori, nata a Kobe, la pittrice che è stata ospite in estate a Piaggiasecca.
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Italia: vi lascio immaginare.
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Polonia: due polacchi che lavoravano a Fabriano hanno risieduto a Piaggiasecca per diversi anni, e ora è la volta di una signora polacca, Beata; ci proviene anche la fidanzata di Alessandro Grassi.
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Regno Unito (Inghilterra): la moglie di Silvio Baiocco è inglese; lui stesso ci è vissuto parecchi anni; i suoi figli frequentano abitualmente questo paese.
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Stati Uniti d'America: ci è vissuta per un anno Bruna Baiocco; in precedenza, all'inizio del XX secolo, c'è stata una certa migrazione negli USA per lavoro, alcuni sono tornati, altri sono rimasti.
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Svizzera: ci ha lavorato diversi anni Adelelmo Moriconi, come operaio nei cantieri per le moderne infrastrutture viarie di cui ora è dotato quel paese.
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Ucraina: è il paese di origine della fidanzata di Jonny Baiocco.
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Stranamente, nessun piaggiaseccano ha avuto a che fare con l'Eritrea e la Libia, o la Grecia, l'Albania, il Montenegro, se non per esserci andato in guerra controvoglia al servizio del catastrofico regime fascista.
Quando si ha la fortuna di rincontrarci in estate, si parla molto delle proprie esperienze, oltre che giocare a bocce e mangiare insieme sull'aia del paese dove, fatte le dovute proporzioni, sembra di stare a Piazza di Spagna a Roma.

martedì 21 ottobre 2008

Prima dell' ipod e dell' MP3

C'era il giradischi, che si applicava a qualsiasi vecchia radio a valvole per poter ascoltare dischi in vinile a 16-33-45-78 giri.
Al posto della presa USB c'erano 2 spinotti da inserire nella presa fono della radio: la qualità non era certamente digitale, ma per quel tempo il risultato era ottimo.

sabato 18 ottobre 2008

Prima dei concimi Montedison, dei depuratori e degli inceneritori

... il problema di fertilizzare i campi era risolto con la "cacata di vacca", da sempre, anche prima della Montedison. Il letamaio era il suo luogo di raccolta e fermentazione per poi prendere la strada dei campi su una treggia, più corta di quella per il fieno, e fatta con il fondo e i lati di tavole per contenere lo sversamento del liquame.
Contribuiva non poco, specie per gli orti, la gemella "cacata di pecora".







A entrambe si aggiungevano, in un perfetto virtuosismo pre-raccolta differenziata, la "cacata di cristiano".

E così lo smaltimento dei rifiuti, almeno quelli fecali, era felicemente risolto e con grande soddisfazione di tutti, dagli ecologisti (che ancora non c'erano) agli amministratori locali e fino ai diretti interessati.


Poi vennero i tempi duri, e qualche cervellone inventò l'economia industriale dove ... non c'era più spazio per una cacata ..., fosse di vacca, di pecora o di cristiano.

Grande consulto tra i massimi "esperti di cacata" ... e ne nacque prima il metodo di coprire con cemento l'alveo dei fiumi e poi il depuratore, almeno per la città, e da lì a poco anche l'inceneritore che, pare, risolva il problema estetico, ma nessuno degli altri problemi, che è come dire ... "L'Ufficio Complicazione Affari Semplici è sempre in agitazione".


E se non bastasse, la politica fece il resto, creando enti e aziende per gestire tanta fantasia e dar da mangiare, con i soldi dei contribuenti, ovviamente, a chi non ha niente da fare, o meglio a qualche "trombato" o riciclato della politica o al quale si deve una pagnotta per aver portato voti.

E così, per evitare qualche batterio pericoloso, come quelli fecali, ci si accontenta, con gran soddisfazione degli "smaltitori" che fanno soldi a palate, di morire di tumore e di altre amene malattie venute chissà da dove, compresa l'infertilità delle coppie che è sempre in aumento.


(nell'immagine: granuli di perfosfato triplo)

Per raccogliere i rifiuti fecali di animali domestici e persone si usava la stabbiara, o letamaia, poi detta concimaia, la quale spesso era situata o nella stessa stalla sotto l'abitazione, o in un terreno abbastanza vicino (per chi ne disponeva).

La stabbiara era anche un metro di valutazione fiscale, e da quanto era grande, considerando che una vacca produce ogni mese tanto letame quanto pesa, si poteva desumere quante bestie aveva il proprietario e, di conseguenza, la ricchezza della famiglia, poichè per mantenere le vacche occorrono campi a fieno, e con le vacche stesse si possono lavorare i seminativi che, producendo una certa eccedenza di cereali da rivendere, fornivano una risorsa economica diretta alla famiglia del contadino per poter acquistare al mercato le merci che non venivano prodotte in casa.


Che lo sterco di vacca fosse prezioso ce lo dicono anche gli indiani. Negli anni '50, infatti, il governo indiano promosse la diffusione della radio anche nelle campagne con una radiolina la cui carcassa era fatta appunto con questo materiale di base e l'aggiunta di una resina vegetale, sulla quale venivano montati i pochi transistor per ricevere il segnale e un apparato di amplificazione, ancorchè modesto e rudimentale. A tale scopo sfruttarono la già efficientissima rete di raccoglitori di sterco, usato anche come combustibile.
Chissà se avranno proseguito anche con le carcasse dei teletonini?
Mi scuso per il fatto di presentare vacche indiane, ma dalle nostre parti sono così rare ... ad ogni modo, appena avrò l'occasione di fotografarne una, sostituirò l'immagine che è stata tratta da questo sito web.
Mentre queste sono vacche francesi, decisamente più grasse di quelle indiane.
(vedi anche l'articolo di Vandana Shiva, L'economia della mucca)

mercoledì 1 ottobre 2008

Prima dell'energia elettrica



Quando non c'era la luce elettrica,per illuminare le case c'era la lampada ad acetilene,detta volgarmente "centilena o lampa a carburo"si preparava inserendo nel contenitore inferiore un pezzo di carburo di calcio(che si comprava in ferramenta)nel contenitore superiore si metteva l'acqua,si chiudeva incastrando i due contenitori e si apriva l'acqua agendo sulla manopola di regolazione,l'acqua gocciolava sul carburo e per reazione chimica si sprigionava un gas "acetilene"che saliva su per il condotto e usciva a pressione dal beccuccio,si accendeva detto gas con un fiammifero e si aveva una fiammella azzurognola molto luminosa che era sufficiente ad illuminare un ambiente.La lampada della foto tuttora funzionante,è quella alla luce della quale ho svolto i compiti a casa delle elementari durante gli anni "1958-1959-1960"poi finalmente a casa mia arrivò l'energia elettrica.

lunedì 29 settembre 2008

Colmicoso

C'era una volta ... Colmicoso ... posto su un crinale secondario accanto a quello di Casalvento, alle pendici del Monte Miesola, sul versante ovest. Mentre Casalvento aveva e ha l'appellativo di Frazione, sia Colmicoso che Piaggiasecca avevano solo l'appellativo di Località, e ora Colmicoso non è più nemmeno riportato nelle mappe se non come toponimo.

Tutti è tre costituivano la Parrocchia di Casalvento-Piaggiasecca-Colmicoso, e il parroco ne aggiornava i libri parrocchiali, che ora dovrebbero essere custoditi alla Diocesi di Nocera Umbra in quanto al momento della soppressione della parrocchia la Diocesi di Fabriano-Matelica, dalla quale ora dipendiamo, non era ancora stata costituita.


Oggi sono rimasti quattro muri assaliti dalla vegetazione dopo che alla metà degli anni '60 se n'è andata via anche l'ultima famiglia per andare ad abitare a Casalvento, dove almeno c'era la strada carrabile, l'acqua e la scuola elementare (che verrà chiusa nel 1967).


Se ne può avere un'idea sommaria solo in inverno quando le foglie degli alberi sono cadute.

domenica 28 settembre 2008

Il Maggio

... è il tronco di un albero, generalmente il pioppo di fiume, il più alto che si può trovare anche a distanza di chilometri, messo nei pressi della casa dagli amici degli sposi ai quali è nato un figlio maschio. In cima si pone una corona di rami e la bandiera, a volte un fucile di legno e una bicicletta vecchia.


Era da vari decenni che non accadeva più di vedere una cosa simile, in quanto a Piaggiasecca si figlia poco, e ancora meno maschio.
Un grosso augurio al neonato e a tutta la famiglia per un felice futuro.



E' un'antica tradizione che risale alla notte dei tempi, e "piantare il maggio" è augurio di fertilità.
Si preferisce usare il Pioppo Bianco, detto anche di fiume, o Populus Alba (impropriamente chiamato dalle nostre parti Betulla o, meglio, Bedollo).
perchè ha un portamento molto diritto e raggiunge altezze anche oltre 30-40 metri. Lo si riconosce perchè la corteccia del tronco, inizialmente liscia e chiara, col tempo, specie nella parte bassa, diviene solcata e si screpola verticalmente sempre più (vedi immagine).

sabato 27 settembre 2008

Prima dell'acqua corrente

... si andava alla Fonte Vecchia.
Spesso in alcuni paesi non c'era la fontana pubblica e, allora, per gli usi domestici bisognava andarla a prendere o al fosso o a qualche fonte anche a centinaia di metri dal paese, come la Fonte Vecchia di Piaggiasecca. A Colmicoso l'acqua comunale è arrivata negli anni '60, prima si servivano di una piccola sorgente naturale vicino al paese che, però, quando ci abbeveravano due vacche chi veniva dopo doveva aspettare che si riempisse il piccolo invaso per abbeverare altre bestie.
A Piaggiasecca l'acqua dell'acquedotto comunale di Fonte Liorga non era sufficiente nei mesi estivi e, talora, nei periodi di siccità non veniva affatto, per cui bisognava ricorrere alla Fonte Vecchia e, addirittura, per lavare i panni, o la lana cardata dalle pecore, si andava al Fosso Paccone, al quale si ricorreva anche per lavare le frattaglie del maiale il giorno che lo si ammazzava, in genere a dicembre, al fine di non lordare la fontana pubblica.
Quando si era a lavorare nei campi a nord del paese si ricorreva a Fontecelle.
Poi nel 1964-65 il Comune fece l'acquedotto di Fonte Coperta e, allora, non ci sono stati più problemi, senonché nel corso degli anni '70 la vena si interrò progressivamente e l'acqua cominciò a scarseggiare in estate.
Alla fine degli anni '80 intervenne anche la Comunità Montana, poichè il Comune non voleva saperne, e insieme, con i soldi della Comunità, fecero un'altra presa nuova poco più a monte di Fonte Coperta, per uso zootecnico soltanto ma, dal momento che di bestie sul monte ce n'erano sempre meno, il troppopieno dirottava l'acqua in eccesso sull'acquedotto per il paese.

Prima della plastica

... tutto era diverso. La bagnarola per lavare i panni alla fontana del paese era di ferro, come questa, con una leggera zincatura (trovata a Sodo Bianco, la vecchia discarica del paese, vedi cartina). E così il secchio o, meglio, la caldarella per portare l'acqua a casa per cucinare e lavarsi. D'estate quando la stagione secca era lunga si usava per andare a prendere l'acqua alla Fonte Vecchia. I secchi, ovviamente, si portavano a mano, due alla volta per equilibrare il peso, la bagnarola, invece, veniva portata dalle donne sopra la testa.

Le bottiglie e i bottiglioni di vetro erano oggetti preziosi per portarsi l'acqua e il vino appresso quando si andava a lavorare nei campi, e quando si rompevano bisognava ricorrere alla brocca di terracotta, che costava poco, e che si usava anche a tavola, mentre di bottiglie in vetro ce n'erano pochissime in casa.
Le bambole erano di pezza, i giocattoli di latta, i soldatini di piombo. C'erano le taniche, ma di latta, e servivano per portare il petrolio o la benzina. La cartella per andare a scuola era di pezza con la tracolla, era chiamata catana. I fili elettrici erano avvolti da un materiale misto di tela e cera.
Insomma la plastica non esisteva, ma si campava lo stesso.
Poi Giulio Natta nel 1954 brevettò quel polimero, il Polipropilene, meglio noto con la pubblicità televisiva di Gino Bramieri a Carosello degli anni '60 con il nome di Moplen che la Montecatini commercializzò nel 1963.
Non che la plastica non esistesse, ma era del tipo termoindurente, marrone come la carcassa degli apparecchi radio, e non del tipo termoplastica, come è per la maggior parte oggi.
Chi non è vissuto abbastanza prima del 1963 per averne una memoria ferma non può nemmeno immaginare quel mondo.
Di li a 2-3 anni è cambiato tutto quanto ci circondava, e così tanto che oggi una grande preoccupazione per il futuro è proprio il porre rimedio ai danni della plastica che non si sa più dove metterla, e a bruciarla si produce diossina.

domenica 14 settembre 2008

Prima della C.E.E.

... come si andava dall'Italia in un altro paese ?
Con il passaporto. Il vecchio passaporto che vediamo sotto, non quello europeo di oggi.
Nel 1951 è stata istituita la CECA (Comunità Economica del Carbone e dell'Acciaio) tra i paesi fondatori: Italia, Francia, Germania Ovest, Belgio, Olanda e Lussemburgo.
Nel 1958 La CECA viene allargata ad altri settori e diventa CEE (Comunità Economiche Europee) con gli stessi paesi.
Nel 1967 La CEE diventa CE (Comunità Europea), e nel 1978 nasce l'ECU, che però interessa i cittadini solo dal 1992, quando la CE diventa UE (Unione Europea), che oggi comprende 27 nazioni.
Da allora, avendo stabilito le regole per l'ingresso di un nuovo paese nella UE, si è assistito ad un processo di allargamento che è tutt'ora in corso e nel 2002 è entrato in vigore l'EURO al posto dell'ECU e delle monete nazionali (anche se non tutti i paesi l'hanno adottato).

Ebbene, chi scrive, nel 1971, a 18 anni, e con il mito dell'Inghilterra come patria della musica Beat e Rock, ha tentato di andare nel Regno Unito.
L'idea era chiara fin dall'inizio: un pò di soldi da Babbo, un pò di soldi ricavati dalla vendita del motorino (un Guzzi modello Dingo Cross di 48 cc del 1967) e partenza. Una volta arrivato a Londra come "turista" avrei cercato lavoro come lavapiatti in un ristorante gestito da italiani, al fine di procurarmi i soldi necessari al soggiorno, che era previsto di 2 o 3 mesi.
Ottenuto il passaporto, sono partito in treno con un amico di scuola: Fabriano, Falconara, Milano, Domodossola, Parigi, Calais poi il traghetto per attraversare lo stretto della Manica, poi di nuovo in treno per Londra, secondo le nostre intenzioni, con l'indirizzo di un ristorante italiano avuto da mio cugino che già ci era vissuto diversi anni.
Ma, sbarcati a Folkestone (presso Dover) sulla costa inglese, e avviati nella corsia dei cittadini extra-Commonwealth, la polizia di frontiera comincia a ispezionarci la valigia da cima a fondo, perfino tastando nella fodera, e ci fa calare i pantaloni per vedere se avessimo soldi narcosti nelle mutande, o bigliettini con indicazioni sospette e, finalmente, ahimé ... trova il famigerato indirizzo col nome che noi avevamo indicato come un amico che ci avrebbe ospitato, naturalmente per "turismo". Telefonano per cercare conferma, ma da là rispondono che non ci conoscevano affatto.
Senza altri convenevoli, ci fanno ricomporre i bagagli e ci indicano un corridoio verso una sala d'attesa dell'imbarco sul traghetto per Calais (Francia) che sarebbe partito l'indomani mattina alle 6,00.
Praticamente voleva dire: ESPULSIONE.
Sul passaporto, che ci ridanno al momento del reimbarco c'era il timbro barrato che si vede sotto.
Per loro eravamo immigranti clandestini e indesiderati. Tali e quali quelli che oggi sbarcano sulle nostre coste meridionali.

L'anno dopo, entrata l'Inghilterra nella CEE, ho ritentato l'impresa da solo e, senza alcuna formalità sono potuto entrare ma, cambiati gli interessi personali verso quel paese, sono cambiati anche i propositi di rimanerci e, nonostante il permesso di un mese, sono rimasto solo una settimana.
Oggi è tutto più facile, niente passaporto, basta la certa d'identità.
Per i soldi, allora bisognava portarsi dall'Italia la moneta dei paesi che si intendeva attraversare, oggi non dobbiamo fare alcun cambio e possiamo partire tranquillamente con il nostro euro, anzì viene accettato anche in molti altri paesi del mondo, dall'Argentina alla Cina, anche se non lo adottano, come una volta il dollaro USA.
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Le frontiere erano delle vere e proprie frontiere, e ad attraversarle malamente si rischiava grosso.
Nel 1975 ero andato in Francia con la 500, presso la mia futura moglie, e un giorno decisi di andare a Lussemburgo città, a fare un giretto, 40 km, niente più (vedi il tibro sul passaporto, 15-11-75). Alla frontiera in uscita dalla Francia, 6 km da casa, la polizia mi controlla il livello della benzina nel serbatoio introducendovi un'asta graduata. Alla frontiera in ingresso del Lussemburgo, appena 300 metri più in là, mi rivoltano me e la macchina come un calzino per cercare chissà che, e mi fanno passare.
Per il rientro in Francia, dopo 3-4 ore, visto il casino che avevo dovuto subire all'andata, e considerato che avevo fatto il pieno di benzina in Lussemgurgo, che costava meno, e comprato una stecca di sigarette, che costava molto meno che in Francia, decisi di passare per un posto di dogana secondaria, una strada contadina quasi abbandonata in mezzo ai boschi di pini, sperando di farla franca.
Ma arrivato al casottino delle guardie sul confine francese mi fermano e mi rivoltano pure qui come un calzino, me e la macchina, e mi fanno pagare una multa sia per la benzina in eccesso che avevo nel serbatoio, rispetto all'andata, sia per le sigarette.

Prima del trattore

... come trasportavano i carichi pesanti i Piaggiaseccani ?
Con il biroccio e il carro sulle strade comode, e con la treggia sulle strade scomode (qui ne vediamo un esemplare adattato al traino del trattore con, dietro, un moderno carretto).
Sulle zone di montagna, invece, dove non ci sono nemmeno strade scomode ma solo piccolissimi sentieri, si trasportava la legna con i muli, e così avviene oggi.
(Il disegno della treggia è tratto dal sito web)

venerdì 12 settembre 2008

Prima del petrolio

... come si scaldavano d'inverno a Piaggiasecca ? Con il carbone ?
No !
Con il carbone si scaldavano in città come Sassoferrato, Fabriano e Roma, mentre nelle frazioni si scaldavano direttamente con la legna da ardere tagliata nei boschi e utilizzata nel camino.
Il carbone era più raffinato, più da "signori" (occupa poco posto, fa poca cenere), e dalle nostre parti veniva usato solo per cucinare d'estate, quando non si accendeva il camino.


Per i giovani occorre precisare - e in questo senso anch'io sono giovane, in quanto non l'ho visto direttamente perchè non lo si usava già più - che il carbone è un prodotto ricavato dalla legna, direttamente sul luogo del taglio della legna, in un apposito ripiano del terreno detto, appunto, piazzola da carbone, costruito nel bosco spianando un pezzetto di terreno di 8-10 metri di diametro, e facendoci la carbonaia.


Qui ne vediamo una presso il Romitorio. Sgarufando con gli scarponi tra l'erba viene alla luce il ripiano della carbonaia se non è stato ricoperto troppo dal terreno e dalla vegetazione.


Vediamo anche due pezzi di carbone rimasti sul posto da chissà quanti decenni !

A Piaggiasecca il riscaldamento avviene ancora solo con la legna dei boschi, oggi tagliata con la motosega e trasportata, nei pressi del paese, con il trattore.